licenziamento del lavoratore

LICENZIAMENTO DEL LAVORATORE PER RITENUTA IMPOSSIBILITA’ SOPRAVVENUTA DELLA PRESTAZIONE DI LAVORO. IMPUGNAZIONE DEL LICENZIAMENTO CON LA PROCEDURA DELL’ART. 700 CPC. CONDANNA DELLA SOCIETA’ CONVENUTA ALLA REINTEGRAZIONE DEL LAVORATORE ED AL PAGAMENTO DELLE MENSILITA’ ARRETRATE. COMMENTO ALLA ORDINANZA 1/4/2010 DEL TRIBUNALE DI PISTOIA, SEZ. LAVORO.

Il Tribunale di Pistoia Sez. Lav., con la recentissima ordinanza del 1/4/2010, pronunciata nell’ambito di un ricorso, ex art. 700 cpc, promossa da un dipendente di Trenitalia Spa, assistito dall’Avv. Emanuela Manini, avverso la predetta società, a seguito della intimazione di un licenziamento per ritenuta inidoneità sopravvenuta della prestazione lavorativa, in accoglimento del ricorso, ha ordinato alla società la immediata reintegrazione del lavoratore, nonché ha disposto la condanna di quella al pagamento delle mensilità maturate a far data dal licenziamento fino alla effettiva reintegrazione in servizio, oltre rivalutazione monetaria, interessi di legge e spese del procedimento.

La vicenda prende avvio a seguito della rivendicazione mossa da un lavoratore, riconosciuto dipendente di Trenitalia Spa a fronte della accertata violazione della legislazione in materia di divieto di intermediazione di manodopera, ad essere immesso nei ruoli aziendali, e nel profilo professionale di appartenenza.

Per parte sua Trenitalia Spa, in vista della reintegrazione nella postazione lavorativa, sottoponeva il lavoratore a visita medica al fine di valutare, la idoneità fisica del dipendente all’espletamento delle mansioni, proprie del profilo professionale di inquadramento.

All’esito della predetta visita Trenitalia Spa, alla luce del giudizio sanitario, di accertamento della sopravvenuta impossibilità alla prestazione lavorativa, escludendo la utilizzabilità del dipendente in altra attività all’interno della società, risolveva il rapporto di lavoro, con effetto immediato, per giustificato motivo, ai sensi dell’art 3 L. 1966/604.

A seguito dell’intimato licenziamento, il lavoratore radicava ricorso giudiziario ex art. 700 cpc, invocando la immediata reintegrazione nel posto di lavoro, previa declaratoria di illegittimità dell’atto risolutorio del rapporto di lavoro, nonché la condanna della società convenuta alla corresponsione in suo favore di tutte le mensilità maturate e maturande a far data dalla intimazione di licenziamento fino alla effettiva reintegrazione, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali, e spese del procedimento.

Costituitasi ritualmente in giudizio, Trenitalia Spa resisteva alla domanda, invocando la inammissibilità e/o improponibilità del ricorso, ovvero, nel merito, la sua reiezione.

Ammessa CTU medico legale sulla persona del lavoratore, all’esito della fase istruttoria, il Tribunale adito accoglieva la domanda cautelare proposta, condannando altresì Trenitalia Spa al pagamento delle mensilità maturate dalla data di intimazione del licenziamento fino alla effettiva reintegrazione in servizio, oltre rivalutazione ed interessi e spese del procedimento.

In particolare, osservava l’organo giudicante, sotto il profilo del “fumus boni iuris”, che la consulenza tecnica medico legale avesse accertato la parziale idoneità del lavoratore alle mansioni proprie del profilo di appartenenza (ausiliario), di talché costituiva dovere della società datrice di lavoro impiegare il lavoratore in mansioni equivalenti, anche alla luce del costante orientamento giurisprudenziale (Cass. Civ. Sez. Lav. 15500/2009) secondo cui “in caso di sopravvenuta infermità permanente del lavoratore, non si realizza un’impossibilità della prestazione lavorativa quale giustificato motivo oggettivo di recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro subordinato (art. 1 e 3 L. n. 604 del 1966 e art. 1463 e 1464 cc), qualora il lavoratore possa essere adibito a mansioni equivalenti o, se impossibile, anche a mansioni inferiori, purché da un lato tale diversa attività sia utilizzabile nell’impresa, secondo l’assetto organizzativo insindacabilmente stabilito dall’imprenditore, e dall’altro, l’adeguamento sia sorretto dal consenso, nonché dall’interesse dello stesso lavoratore”.

Quanto al “periculum in mora”, il Tribunale di Pistoia ne ammetteva la sussistenza, “tenuto conto del fatto che lo svolgimento dell’attività lavorativa, oltre a rappresentare la fonte dei mezzi di sostentamento del lavoratore, costituisce mezzo di esplicazione della sua personalità”, con la conseguente irrilevanza del carattere patrimoniale della pretesa economica alla retribuzione, attesa la “idoneità della reintegrazione per equivalente a neutralizzare gli effetti del decorso del tempo occorrente allo svolgimento del processo ordinario”.

Di qui, il pieno accoglimento delle domande del lavoratore.

Avv. Emanuela Manini

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